Roma, 3 luglio 2020
L'Europa è il terzo produttore mondiale di carni avicole ed è uno dei principali player commerciali a livello globale sia come esportatore che come importatore. L'Italia, in tale contesto, si posiziona al 7° posto con una produzione che cresce a ritmi meno sostenuti negli ultimi anni a causa di un mercato interno già saturo, ma che punta su innovazione, differenziazione e miglioramento degli standard qualitativi degli allevamenti e delle carni, piuttosto che sull'espansione geografica del mercato.
In periodo Covid, il settore ha tenuto meglio degli altri grazie alla presenza di una filiera nazionale autosufficiente e caratterizzata da forte integrazione verticale, non risentendo quindi di problemi legati alla dipendenza dall'estero o da altre componenti della filiera.
Quello avicolo, inoltre, è il settore che più di tutti ha sviluppato la linea degli elaborati e dei confezionati, riuscendo a dar maggior durabilità e flessibilità ad una buona fetta dei propri prodotti e assecondando le esigenze di diverse fasce di consumatori.
Anche a livello di consumi, nel contesto di contrazione generalizzata degli acquisti di carne, le avicole si sono difese meglio limitando le perdite a un -2,2% nel quinquennio, contro il -26% della carne cunicola, il -9% di quella suina o -4% della carne bovina.
Gli acquisti per consumo domestico delle famiglie italiane di carni avicole, si sono aggirati, nell'ultimo quinquennio, secondo i dati Nielsen Consumer Panel, tra i 21 e i 26,5 milioni di Kg ogni 4 settimane. Nel mese di marzo 2020, in pieno periodo di lock down per emergenza Covid sono stati superati i 31 milioni, mettendo a segno un incremento rispetto alla media del quinquennio del 25%.