Malgrado la ripresa dei flussi a partire dalla seconda metà dell'anno, la pandemia ha impresso un calo del 5,3% al commercio globale (cfr. Central Bureau Planning). La flessione del PIL mondiale è stata del 3,3%, l'Eurozona ha chiuso il 2020 a -6,8%, mentre in Italia il calo è arrivato all'8,9%, secondo gli ultimi dati Istat. A contribuire al calo dell'economia nazionale è stata soprattutto la domanda interna, mentre quella estera e la variazione delle scorte hanno fornito un apporto negativo più limitato.
Sul fronte occupazionale, nel 2020 il numero di addetti in Italia ha subito una flessione del 2,1%, limitata dall'istituto della cassa integrazione, mentre per le ore lavorate il calo è arrivato all'11% rispetto al livello del 2019. Anche il comparto agroalimentare ha subito gli effetti dell'emergenza, nonostante non sia stato soggetto al blocco delle attività, neppure durante il lockdown di marzo dello scorso anno. Il calo delle ore lavorate è stato più forte per l'industria alimentare (-7,4%) che per l'agricoltura (-2,6%) , mentre il valore aggiunto ha perso rispettivamente l'1,8% e il 6,6%. Il valore aggiunto agricolo infatti è stato influenzato non solo dalle conseguenze del Covidma anche da condizioni meteo-climatiche sfavorevoli.
La chiusura e poi il forte rallentamento delle attività della ristorazione, in Italia e all'estero, hanno influito in maniera differente tra le varie filiere, a seconda dell'importanza che questo canale ha nel consumo finale di ciascun prodotto. Se alcune produzioni hanno potuto contare su una compensazione del calo delle vendite nell'Horeca, con un incremento di quelle presso la distribuzione, così non è stato per altre produzioni come il vino, l'ittico e il florovivaismo. Inoltre, le dinamiche sono differenziate anche all'interno di uno stesso settore, con vantaggi per quelle imprese che hanno sempre avuto come interlocutore principale la distribuzione o direttamente il consumatore e svantaggi per quelle più orientate verso la ristorazione. In Italia, il fatturato della ristorazione è crollato del -37% rispetto al 2019.
Il calo dei consumi di alcuni prodotti (soprattutto di alta gamma) ha comportato la flessione dei ritmi produttivi dell'industria alimentare, quindi delle macellazioni, dell'import di materie prime come latte, carne, animali vivi, ecc.; a ciò si è aggiunta anche la carenza di alcune materie prime vegetali nazionali da trasformare, olio e frutta estiva in primis.
L'andamento meteorologico, infatti, non è stato favorevole per buona parte delle produzioni vegetali, determinando un calo produttivo soprattutto per olio e ortofrutta; la zootecnia, invece, ha tenuto meglio dal lato di prodotti come latte e uova, mentre ha tracciato flessioni dal lato dei capi da macello (soprattutto bovini e suini).