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Carni cunicole: tendenze e dinamiche recenti

6 dicembre 2021

Nel mondo si producono ogni anno circa 884 mila tonnellate di carne di coniglio (Fao 2019). La Cina da sola ne produce oltre 477 mila tonnellate, pari a poco più della metà della produzione mondiale.
L'Europa è il secondo produttore. Sono circa 13,8 milioni i conigli presenti negli allevamenti dell'Unione Europea. Il 2,9% in meno rispetto a 5 anni prima, quando erano oltre 14,2 milioni. (FAO 2019). La consistenza effettiva dell'allevamento cunicolo a scopo commerciale nell'UE e il consumo di carni di coniglio non sono quantificabili con certezza, infatti, a differenza di quanto accade per altre specie animali, una percentuale elevata delle carni di coniglio (stimata intorno al 34%) proviene da allevamenti a conduzione familiare e da vendite dirette di cui non si hanno informazioni ufficiali.

I paesi con i maggiori volumi di produzione di carne di coniglio sono la Spagna, l'Italia e la Francia, con una quota che nel complesso copre il 60% della produzione europea. Seguono Repubblica Ceca, Germania, Ungheria e Bulgaria che, insieme, rappresentano un ulteriore 35%. Dopo molti anni, caratterizzati da una flessione del consumo di carni di coniglio e da prezzi bassi della pelliccia, il settore cunicolo si trova ad affrontare sfide sostanziali che ne determineranno verosimilmente il futuro.
Il mercato più rilevante delle carni di coniglio coincide con le aree di produzione (Europa meridionale) e si caratterizza ancora per una prevalente attenzione al prezzo da parte dei consumatori. In tali aree, le gabbie tradizionali costituiscono la norma nell'allevamento (85% della produzione complessiva dell'UE).

La situazione in Italia

In Italia sono allevate circa un milione di coniglie fattrici all'anno in circa 8.000 allevamenti di cui 1.500 "professionali". Le regioni con maggiore specializzazione sono Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli ed Emilia-Romagna dove operano allevamenti di medio grandi dimensioni. Il Veneto detiene oltre il 40% della produzione nazionale di conigli. 
La filiera cunicola nazionale è in sofferenza oramai da diversi anni e la crisi dei consumi non sembra arrestarsi. 
Un primo spaccato della produzione di carne di coniglio arriva dai dati ISTAT sulle macellazioni. Questi dati difettano, come accennato in precedenza, della mancata conoscenza delle macellazioni rurali per autoconsumo e commercio locale, che rappresentano una quota difficilmente stimabile ma sicuramente di un certo rilievo.
I dati ISTAT sulle macellazioni industriali mettono in evidenza, comunque, una contrazione della produzione nell'ultimo decennio del 32%
Il declino del mercato della carne cunicola in Italia sembra non fermarsi neanche in questo primo frangente del 2021 e dopo la riduzione della produzione nazionale del 4,4% nel 2020 rispetto al 2019, nei primi sette mesi del 2021 si registra una nuova contrazione dell'offerta del 4,6% rispetto all'analogo periodo del 2020. 
I dati sulle macellazioni mensili evidenziano una contrazione dei volumi anche nel picco registrato nel periodo a ridosso delle festività pasquali, che quest'anno resta inferiore a quello degli anni precedenti.

La disaffezione al consumo della carne cunicola e la conseguente contrazione della domanda si riflette in misura evidente anche nei dati di importazione che, pur rappresentando solo una piccola quota del mercato (inferiore al 10%) nel giro di dieci anni mostrano una contrazione del 50%. Nel 2020, in concomitanza di una mutata condizione di consumo legata alle restrizioni per il Covid, le importazioni di carni cunicole si sono ridotte del 21% rispetto al precedente anno, arrivando a pesare solo il 6,9% sul mercato. 
Nei primi otto mesi del 2021 le importazioni di carne cunicola segnano una nuova flessione del 25% rispetto ai volumi già contratti dell'analogo periodo del 2020, facendo registrare un -31% in valore. 

Sul fronte della domanda domestica, pur registrandosi un declino nel lungo periodo (-22% i volumi dal 2016 al 2020), si evidenzia una buona ripresa nel 2020 (+11,3% i volumi rispetto al 2019) che si protrae anche nei primi nove mesi del 2021, con volumi incrementati di un ulteriore 1,9% rispetto a quelli già in aumento del 2020. Tale tendenza positiva è da ascriversi però esclusivamente al "travaso" dei consumi "fuori casa" a quelli tra le mura domestiche, per le disposizioni legate al contrasto della diffusione del Coronavirus in vigore da marzo 2020 a maggio 2021. Essendo infatti diminuita la produzione interna, così come le importazioni, è facilmente deducibile che i consumi apparenti interni totali siano diminuiti; tuttavia, va considerato che è mancato lo sbocco del canale horeca e sono mancati totalmente i consumatori stranieri, pertanto, l'incremento del consumo avvenuto esclusivamente tra le mura domestiche sottolinea l'affezione di una nicchia di consumatori al prodotto.

C'è da evidenziare che questo prodotto, più di altri, ha sofferto la mancanza di sbocco del canale della ristorazione, dove era presente in maniera piuttosto diffusa, con ricette tipiche, spesso legate al territorio, difficilmente replicabili in casa nei tempi brevi di preparazione odierni.


 
 
 
 

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