La carne avicola è la più consumata al mondo e nel prossimo futuro potrebbe diventarlo anche in Italia. È quanto emerge in sintesi dall'indagine presentata lo scorso 4 dicembre a Roma nell'incontro organizzato da UNAITALIA (Unione nazionale filiere agroalimentari carne e uova) per festeggiare il primo anno di attività.
Con un consumo pro capite di 13,3 kg, il pollame guida infatti la classifica globale delle carni più richieste, seguito dai tagli suini con 12,2 kg, bovini (6,6 kg) e ovini (1,7 kg). E la prospettiva, numeri alla mano, è di toccare nel 2022 i 14,5 kg pro capite, realizzando un incremento del 19%, che si rivela decisamente più favorevole rispetto alle stime di crescita della domanda negli altri segmenti.
Anche in Italia, la filiera avicola con i suoi 5,7 miliardi di fatturato del 2012 e una produzione di 1.261 mila tonnellate (+2% rispetto al 2011), sta dimostrando forti doti anticicliche, che le consentono di produrre ricchezza e lavoro nonostante il difficile contesto economico degli ultimi anni. Oggi si contano quasi 1.600 imprese industriali che impiegano al loro interno circa 25 mila addetti diretti, le cui retribuzioni lorde sono cresciute negli ultimi 10 anni del 58%, molto di più rispetto al panorama complessivo dell'industria alimentare nazionale (+45%). Un settore, quindi, che viaggia in controtendenza rispetto alla crisi grazie, in particolare, al buon trend della domanda. Nel decennio in esame il consumo pro-capite di carne di pollo ha registrato in Italia un incremento dell'8,5%, passando dai 11,7 kg i 12,7 kg attuali, a fronte della flessione di pari entità della carne bovina, segno inequivocabile di uno spostamento delle preferenze dei consumatori.
Il maggiore gradimento accordato alla carne di pollo da parte del consumatore italiano risiede anche nell'elevato contenuto di servizio che negli ultimi anni ha guidato sempre di più le scelte produttive dell'industria di trasformazione. Il 26% della carne di pollo consumata in Italia si riferisce infatti a preparati e trasformati (hamburger, spiedini, rollè, bocconcini) mentre il 61% al prodotto in parti e solo il 13% al pollo intero. Dieci anni fa il prodotto elaborato costituiva appena il 14% dell'offerta e negli anni 80 non era neanche presente sul mercato. Anche sul fronte produttivo la crescita del comparto è molto significativa: nell'ultimo decennio la produzione di carne di pollo ha messo a segno un incremento del 16%, toccando nel 2012 il record delle 817 mila tonnellate.
Ma sono molte le criticità che il settore deve affrontare per competere su un mercato globale e cogliere le opportunità di crescita che derivano dagli stimoli offerti dalle economie emergenti. L'esplosione del commercio internazionale di prodotti avicoli ha visto infatti emergere nuovi competitor, come Messico, Argentina, Russia, Brasile e Stati Uniti che stanno spingendo per entrare in Europa e conquistare quote di mercato. In questo contesto l'Italia sconta un sistema di imprese fortemente frammentato e costi medi di produzione elevati, in particolare per l'alimentazione animale e l'approvvigionamento energetico. A ciò vanno aggiunte barriere tariffarie all'export e oneri aggiuntivi per la protezione ambientale e la sicurezza alimentare del tutto assenti o meno vincolanti in altri Paesi.
In generale, nel 2012, la produzione mondiale di carne di pollo ha raggiunto gli 83 milioni di tonnellate, con un aumento del +2% rispetto al 2011 e del +53% su base decennale. Ad oggi Il primo produttore sono gli Stati Uniti, seguiti dalla Cina e dal Brasile. Rispetto a 10 anni fa le performances migliori in termini di produzione sono state rilevate dalle economie emergenti spesso con dati a tre cifre: Russia (+466%), Argentina (+203%), Turchia (+142%), India (+126%) e Brasile (+70%).